Pandemia: serve l’amicizia sociale

ATTUALITÀ

L’avevamo scritto qualche numero fa: noi avremmo trovato importante che la nostra classe politica, di fronte al problema della pandemia, avesse trovato modo di mostrarsi unita e compatta, sospendendo per il periodo della emergenza il ridicolo gioco tra maggioranza e opposizione, in base ad un bene comune da conservare.
Li abbiamo sentiti in questi giorni: è bastato che Berlusconi, che studia da presidente della Repubblica, abbia proposto al centro-destra di votare con la maggioranza, per sentire da entrambe le parti la funerea considerazione: “lo abbiamo votato per il bene dell’Italia”. Ma le altre volte, ci vien da chieder loro, per il bene di chi avete votato?
Con Berlusconi la risposta è chiara: per salvare le sue aziende; ma gli altri, per il bene di chi votavano se questa volta, eccezionalmente, hanno votato per il bene dell’Italia?
Eppure, a noi piace sognare, sarebbe stato per noi cittadini molto significativo vedere la nostra immeritata classe politica, per una volta unita e coesa per fare il bene dell’Italia di fronte ad un invisibile ma micidiale nemico.
Tecnicamente le strade e le soluzioni avrebbero potuto essere diverse, e per dovere istituzionale avrebbe dovuto muoversi per primo chi rappresenta l’unità della Nazione, cioè il Presidente della Repubblica, che anche questa volta si è limitato alle solite considerazioni buoniste di circostanza.
Noi non pensiamo automaticamente ad un vero e proprio “governo di emergenza”, ma piuttosto ad un organismo in cui fossero rappresentate tutte le forze politiche presenti in Parlamento e che, avvalendosi di esperti seri, elaborasse e formulasse delle proposte unitarie sul come affrontare il pericolo della pandemia, limitandone il più possibile i danni per la popolazione.
Tutti avrebbero potuto dare il loro apporto costruttivo, una corresponsabilità di idee e di proposte che, una volta elaborate assieme, sarebbe toccato all’esecutivo tradurre in pratica.
Non avremmo dovuto assistere al desolante spettacolo di chi, da fuori, si limita a trovar da ridire “comunque”, quasi fosse un suo dovere opporsi, ad ogni scelta governativa.
L’emergenza, dopotutto, non è solo i ristoranti chiusi alle 6, e gli altri provvedimenti dei ricorrenti dpcm, non sempre coerenti tra loro e con la realtà del vissuto locale; emergenza, per noi, è acquisire tutti la coscienza del pericolo comune, della interdipendenza dell’io con gli altri, del rispetto delle basilari norme per salvare se stessi e nel contempo non danneggiare gli altri.
Emergenza è in sostanza mettere in atto, di fronte al pericolo comune, quella “amicizia sociale” che deriva dall’amore fraterno, che sono i concetti fondamentali della recente enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti”.

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