Ritratto di donna

ARTE

La Basilica Palladiana di Vicenza si sta sempre più rivelando come sede di prestigiose iniziative artistiche; la Mostra attualmente aperta, inaugurata il 6 dicembre dello scorso anno e che chiuderà il 13 aprile, è intitolata “Ritratto di donna”, e porta come illuminante sottotitolo “Il sogno degli anni Venti e lo sguardo di Ubaldo Oppi”.
È proprio questo pittore, nato a Bologna nel 1889 a dare, con la sua acquisita ‘vicentinità’, un valore aggiunto all’esposizione.
Oppi infatti visse ed operò per un certo periodo a Vicenza, dove morì nel 1942, dopo una giovinezza trascorsa nel bel mezzo dei più vivaci fermenti artistici della Belle Époque, tra Vienna, Parigi, Venezia e Milano, a contatto con pittori che vanno da Klimt a Picasso.
Entrato negli interessi artistici di Margherita Sarfatti, Ubaldo Oppi si trovò in qualche modo a far parte del gruppo che la famosa critica d’arte stava tentando di raccogliere in Italia, mettendo insieme pittori come Felice Casorati, Mario Cavalieri, Mario Sironi, Gian Emilio Malerba e Piero Marussig.
Da questo gruppo Ubaldo Oppi ben presto si discostò per seguire una sua maturità artistica, cercando di coniugare le vivaci e spesso estroverse tendenze pittoriche del tempo, dai simbolisti alla Secessione Viennese, a Picasso, entro quella classicità fatta di misura e armonia cui era stato educato e formato come artista.
La Mostra di Vicenza in Basilica Palladiana segue un suo percorso che porta a vedere opere di questi vari autori, oltre che in misura prevalente di Ubaldo Oppi, con un tema centrale assolutamente preponderante: sono appunto ritratti di donne.
Gli anni ’20, successivi alla Grande Guerra, sono il periodo in cui quasi d’incanto la donna esce dalla stretta sudditanza e sottomissione verso il maschio, avendo sperimentato di poter essere socialmente utile, indipendente e autosufficiente; sono state le donne a portare avanti le famiglie, il lavoro nei campi e nelle fabbriche, mentre gli uomini erano intenti a scannarsi nelle trincee d’Europa nella Grande Guerra.
Ora la donna rivendica il suo ruolo e la sua indipendenza.
Il fascino della Mostra di Vicenza nasce da questo gioco tra l’esplodente modernità delle donne che hanno accorciato sia i capelli che le gonne, con gli abiti d’epoca di Eleonora Duse e Coco Chanel esposti in mezzo ai quadri, e le classiche nudità delle Amazzoni, il popolo delle donne che nella mitologia classica hanno dovuto lottare in armi contro gli uomini.
Come spesso accade, anche nella Mostra di Vicenza, pur nella elevata qualità media delle opere esposte, alcune, per un qualche loro particolare, colpiscono più di altre per la loro intensità nel rappresentare una dolce ma decisa presa di coscienza del proprio ‘essere donna’.

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