Dovremo ricordarlo questo 1 febbraio 2020, anche perché, senza essere indovini, potrebbe rivelarsi foriero di importanti e preoccupanti conseguenze; e questo per almeno due ordini di motivi.
Da una parte, alle 24 locali del 31 gennaio 2020 la Gran Bretagna con l’entrata in vigore della Brexit, è uscita dall’Europa comunitaria.
Dopo il contrastato referendum del giugno 2016, con il 52% a favore e il 48% contrari alla Brexit, c’è stato un lungo e snervante periodo di trattative con la Comunità Europea fino all’accordo recentemente concluso.
Non mancano i problemi e le incertezze. Non solo per la fase di transizione che dovrà concludersi il 31 dicembre 2020, fase in cui il premier Johnson tenterà di trattare con l’Europa da posizioni di forza, ma anche perché Scozia e Nord Irlanda sono contrari alla scelta di Londra.
La premier scozzese Sturgeon ha infatti dichiarato “Noi in Europa torneremo da indipendenti”, mentre qualcuno parla di una possibile riunificazione dell’Irlanda.
Al di là di tutto questo, noi, europeisti da sempre, siamo convinti che una Gran Bretagna fuori dall’Europa sia un fatto storicamente innaturale e che il tempo farà sbollire i furori sovranisti e isolazionisti di Boris Johnson e in qualche modo, magari con un nuovo referendum, il Regno Unito rientrerà nella comunità europea di cui storicamente fa comunque parte.
In attesa, ci rivolgiamo al secondo fatto eclatante di oggi 1 febbraio; il Senato Usa ha respinto 51 a 49 la richiesta dei democratici di sentire ulteriori testimonianze riguardanti il processo di impeachment del presidente Donald Trump.
È così naufragata la mozione dei democratici di dare la parola all’ex-consigliere per la Sicurezza Nazionale John Bolton, a cui Trump confidò di aver vincolato gli aiuti all’Ucraina in cambio di indagini su Joe Biden, figlio di un suo possibile rivale alle presidenziali di quest’anno; una testimonianza diretta espressa in un libro che la Casa Bianca minacciosamente lo diffida di pubblicare.
Questo inevitabilmente, a meno di clamorosi ripensamenti, apre la strada alla bocciatura da parte del Senato della possibilità di impeachment del presidente Trump.
Il senatore repubblicano Alexander Lamar, che in un primo momento si era dichiarato incerto, ha sciolto la riserva dicendo che considera quanto addebitato a Trump qualcosa di “inopportuno” ma, secondo lui, non tanto grave da giustificare l’impeachment.
E così con tutta probabilità avremo un presidente Usa assolto non perché innocente, ma, stante il fatto grave, per un voto politico della maggioranza del Senato Usa.
Può ora Donald Trump, su un piano di moralità politica, affrontare una rielezione portandosi dietro la pesante macchia di un comportamento giudicato comunque, se non grave, almeno inopportuno? La risposta la daranno a novembre i cittadini statunitensi.
A noi resta l’amarezza per la sensazione del grave degrado morale cui è arrivata la politica Usa.
A suo tempo, per i fatti molto meno gravi del Watergate il presidente Usa Richard Nixon scelse per dignità di dimettersi, evitando così l’impeachment; di sicuro l’America che ha espresso il presidente Donald Trump questo valore della dignità politica sembra averlo definitivamente perduto.
Come dire che se Trump vince, perde l’America!