Certamente lo spettacolo “Anna Karenina” recentemente andato in scena al Teatro Comunale di Thiene nell’ambito della 43^ Stagione Teatrale, per la regia di Luca De Fusco, con Galatea Ranzi nel ruolo di protagonista, può essere definito ‘grande teatro’ o forse meglio ‘vero teatro’, quello cui magari, per l’invadenza della televisione, non siamo più abituati.
Vorremmo anzitutto cominciare con una nota di merito per l’efficace recitazione, non solo della protagonista, Galatea Ranzi nella parte di Anna Karenina, ma anche degli altri attori, una recitazione come sarebbe lecito aspettarsi dagli spettacoli dl Comunale, anche se non sempre è così.
Efficace e innovativa anche la sceneggiatura, con i vari espedienti tecnici, ben inseriti e congruenti con la vicenda narrata, a dimostrazione di come anche la tecnologia possa essere di valido supporto alla riuscita spettacolare, in particolare il cavallo bianco e l’arrivo finale del treno.
Dopo una prima sorpresa, abbiamo accettato anche il fatto che cui gli attori diventassero anche ‘narratori’ dei brani del romanzo da cui l’opera è tratta, un espediente tecnico interessante che ci sembra sostanzialmente riuscito.
Permangono i nostri dubbi sulla eccessiva durata dello spettacolo che, intervallo compreso, si aggira sulle tre ore.
Inutile spiegarci che quella presentata è già per conto suo una riduzione del romanzo originale di Lev Tolstoj; l’edizione che abbiamo a suo tempo letto noi era addirittura in due volumi, mentre le edizioni in un volume unico in genere superano le mille pagine.
Forse bisogna prendere coscienza che, per quanto si cerchi di cogliere la parte importante, il fatto di riassumere per adattare alle esigenze drammatiche comporta sempre inevitabilmente una perdita di contenuti; secondo noi è pura presunzione da parte di chiunque arrogarsi il diritto di scegliere cos’è importante di quanto un autore ha scritto.
Senza contare che comprimere le parti che danno respiro al narrato significa spesso anche intensificare la parti più drammatiche, appesantendo il testo.
A noi disturba inoltre il fatto che si sfrutti la notorietà del titolo per riproporre una storia che, eccessivamente compressa, rischia di diventare ossessiva e perdere il respiro con cui l’autore l’aveva stesa.
Non è quindi la resa teatrale, che pure abbiamo ammirato, ma è l’operazione letteraria che sottostà alla stesura del testo del dramma che ha fatto sorgere in noi qualche dubbio.