Auspicavamo una reazione morale

EDITOR

Prima delle recenti elezioni politiche, non essendo abili a fare pronostici, avevamo espresso alcune considerazioni (o speranze) su come gli Italiani avrebbero dovuto votare; forse siamo stati un po’ pretenziosi a fare del voto una questione morale, ma era ed è quello che pensiamo.
Consideriamo la caduta del governo Draghi un vero e proprio crimine politico, di cui pagheremo tutti duramente le conseguenze.
Ricordiamo che, dopo l’insipienza del governo Conte, il governo Draghi era nato come un governo di unità nazionale, con cui il Presidente Mattarella tentava di farci superare, in uno sforzo unitario, l’emergenza della pandemia da Covid, con tutti i danni di tutti i generi che aveva provocato e sta ancora provocando in Italia. Per strada si era poi aggiunta la tragica guerra in Ucraina.
Un governo quindi che per necessità superava i limiti della politica partitica perché era essenzialmente basato su uno spirito di solidarietà condiviso.
Un governo che non solo aveva saputo far fronte alla pandemia in atto, facendo dell’Italia un esempio per altre nazioni, ma che era assunto ad un livello di dignità tale da essere conosciuto e rispettato nell’Europa comunitaria, e non solo.
Poi sono prevalsi gli interessi di partito, con la pretestuosa rivalsa di Conte sul problema dell’invio di armi in Ucraina, mentre con una manovra combinata Berlusconi e Salvini, che fino a ieri avevano sostenuto il governo Draghi, di cui facevano parte, improvvisamente si sono astenuti sulla fiducia, facendolo cadere; una manovra chiaramente eterodiretta, in cui non è difficile intravvedere l’influenza, se non la mano, del sovranismo russo.
Le elezioni politiche del 25 settembre, nelle nostre speranze dovevano rappresentare una reazione morale da parte dell’elettorato; una reazione che, secondo noi, in parte c’è stata, anche se non nella direzione da noi auspicata. Il M5S, così come la Lega di Salvini e Forza Italia di Berlusconi hanno praticamente dimezzato il consenso elettorale rispetto alle precedenti politiche del 2018; consenso che è stato ampiamente raccolto da Giorgia Meloni, passata dal 4 al 26%.
Il Pd di Enrico Letta, che tutti danno per sconfitto, ha sostanzialmente tenuto, riconoscendogli quindi il consenso verso la politica di responsabilità portata avanti in seno al governo Draghi.
Quello che invece nell’area di centro-sinistra è mancato è il senso di responsabilità di fronte alla situazione in cui versa l’Italia. Calenda ha fatto un accordo elettorale col Pd la mattina, per smentirlo la sera, mentre il supponente Renzi è ormai chiaramente in quota centrodestra.
E così, come abbiamo già scritto “la destra unita ha vinto e la sinistra divisa ha perso”.
Resta comunque che, secondo noi, il governo Meloni nasce dalle macerie dell’attuale situazione politica italiana, da una crisi di identità e di valori che guarda più al passato che al futuro, da una degenerazione morale che certamente non meritava un premier come Mario Draghi.

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