Cosa c’è di più francese di “Cambiare l’acqua ai fiori”, ci siamo chiesti dopo la lettura del romanzo di Valérie Perrin, edito dalle edizioni e/o nel settembre del 2020.
Si tratta di un corposo racconto, che gira attorno alla figura di Violette, prima casellante in un passaggio a livello, insieme al marito Philippe Toussaint e alla figlia Leonine e poi, dopo la automatizzazione del passaggio ferroviario, custode di un cimitero, con annessa vendita di fiori.
Purtroppo dobbiamo astenerci da relazionare sulla trama per non rivelare in anticipo ciò che il lettore, con una certa suspense, dovrà scoprire pagina dopo pagina; basterà dire che il romanzo presenta così tante sorprese da poterlo, a buona ragione, definire un thriller.
Avvertiamo però in anticipo i potenziali lettori di stare ben attenti a fissare nella mente i nomi dei personaggi perché la trama del romanzo non ha un andamento lineare e cronologico, ma è spezzettata in momenti che si accavallano secondo una sequenza sempre sorprende nei suoi spostamenti sia geografici che temporali; anche il narratore non è sempre in prima persona, ma cambia nel corso dell’evolversi della vicenda.
Quello che comunque ci sembra sia la cifra comune che caratterizza i vari personaggi, da Violette a Philippe, da Julien a Sasha ci sembra il fatto che ogni loro idealità, ogni loro sentimento venga ricondotto ad una razionalità tipicamente francese, che non è un diminuirne l’intensità e la pregnanza vitale, ma una forma di accettazione di un destino che, senza alcuna dimensione di provvidenzialità, gioca su una casualità che alle persone coinvolte non resta che accettare, quasi sia un premio o una condanna, sempre inspiegabili e in qualche modo immeritati. C’est la vie! Ci vien da dire.
In questi personaggi, spesso duramente bersagliati dalla sorte, si sviluppa un senso di eroica accettazione, razionalmente non spiegabile ma che altrettanto razionalmente non può che essere accettata.
Lo stile narrativo di Valérie Perrin è semplice e lineare, molto efficace nel rendere situazioni che richiedono il coraggio di viverle.
Di particolare interesse è la dimensione, o meglio l’atmosfera cimiteriale in cui il romanzo è in gran parte ambientato; diversamente dagli abitanti del cimitero di Spoon River, qui non sono i morti che parlano, ma i vivi che con i defunti cercano di continuare ad avere un rapporto legato al ricordo della loro vita. Una vita fatta spesso di trame strane e sorprendenti, e che qui nel cimitero sembrano trovare una loro pace, quella che in vita non hanno avuto.