Don Danese a Zugliano

CULTURA

Fa un certo effetto trovare su una rivista come “Europa Libera” del 2002 un articolo sulla commemorazione del 25 aprile 1967 a Zugliano, nella quale l’oratore ufficiale è stato niente meno che don Giuseppe Danese, i cui meriti nella Resistenza thienese furono semplicemente determinanti.
È difficile inquadrare in poche parole una figura di così rilevante spessore. Ci piace iniziare dicendo che, come insegnante al Collegio Vescovile di Thiene, chiese ai suoi studenti di essere coerenti nel tradurre in realtà di vita pratica i valori di libertà e di giustizia che, come cristiano, andava loro insegnando.
Fu infatti nel suo studio che, connivente il Rettore, mons. Antonio Zannoni, fu fondata la Brigata “Mazzini”; il collegio divenne punto di riferimento per la Resistenza thienese, al punto che, non potendo arrestare don Danese, gli sgherri fascisti arrestarono il Rettore mons Zannoni.
Al Vescovo di Padova che, per la sua attività resistenziale, lo aveva sospeso dalla facoltà di celebrare la Messa, don Giuseppe rispose: ”Non posso abbandonare i miei studenti che stanno combattendo per i valori di libertà e giustizia cui ho cercato di educarli”.
Nel dopoguerra don Danese continuò a scrivere sulla Resistenza della Brigata “Mazzini”, finché, diffidato dal Vescovo, dovette far firmare ad altri i suoi scritti.
Nel 1967, in occasione della pubblicazione di un numero unico sulla “Resistenza a Zugliano”, don Giuseppe Danese fu chiamato a tenere l’orazione ufficiale, il cu testo siamo in grado di parzialmente riportare, come riportato dall’articolo sopra citato.
“Zugliano, Il grande dono della Libertà,
A Zugliano di Vicenza la vera autentica celebrazione del 25 aprile è avvenuta con la nobile omelia pronunciata da don Danese della “Mazzini”.
“Ricordare che nel Collegio Vescovile di Thiene nacquero e si incrementarono, nel puro dono della cultura e della preghiera, le nostre formazioni, è dare il significato alla presenza cristiana che conserva ancora intatta la sua forza, giacché nel Numero Unico e in questa Commemorazione avete voluto i vostri cappellani.
Qui a Zugliano la vicenda partigiana è dominante, una forza da monumenti di pietra e più da sentimenti radicati nelle famiglie, nelle scuole, nella pubblica amministrazione, con le tensioni vitali che gli anni vanno accumulando. Avete voluto questo rito sacro al campo, nel vento e nel sole, quasi che il vento portasse come germi […] e la luce degli amici spenti nella bufera brillassero a tutti quanti, salgono a queste memorabili colline.
Nel cuore della nostra preghiera cristiana c’è l’ansia che si chiama Libertà: né si creda ch’essa sia da allora talmente acquisita da non costituire più un problema; anzi occorre giorno per giorno conquistarla ancora e difenderla con nuova responsabilità, quella stessa che sul piano religioso, distinto per finalità, non per i soggetti, attua ormai forme nuove attive e dinamiche di partecipazione del popolo di Dio alla Chiesa post-conciliare.
Non bisogna che noi cristiani perdiamo né il senso, né il gusto, né l’angoscia della Libertà, occorre farla nostra quotidianamente in noi stessi, adeguarla alla maturazione delle coscienze, alle esigenze nuove; occorre articolarla nelle strutture sociali e specialmente scolastiche, specialmente culturali, che possono e devono mutare, ma devono essere garanti oneste della onesta libertà di tutti gli onesti da ogni rischio.
Ecco perché allora ci amammo, perché morirono i nostri migliori amici; perché vi erano educati quasi asceticamente: la libertà si paga anche con la vita, ma solo così si educa e si accresce a bene di tutti.
Da noi, amici, dipende che frutti in questo periodo cruciale della Patria il loro esempio, da noi e dai giovani delle scuole, delle officine e dei campi, che crescono per l’avvenire e ne saranno protagonisti.
Vogliano i giovani accorsi qui da tanti comuni dell’alto vicentino, come ad un convegno di riconoscenza e di fede trarre ancora dalla sapienza cristiana ispirazione e forza, come l’evangelista Marco dalla viva voce e dalla vita esemplare di Pietro, di cui fu interprete e seguace.
I Caduti hanno operato su una eredità di speranze creando una visione grande del futuro: questa è un’ora grande che esige la collaborazione di tutti a un’impresa grande, Dio lo vuole”.

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