Secondo Dmitrij Anatolevic Medvedev, quello a cui Vadimir Putin, tra una sua elezione e l’altra, ha lasciato fare il Presidente della Federazione Russa, “Draghi non è Berlusconi”, così come Olaf Scholz non è Angela Merkel.
Sospendiamo il nostro giudizio sulla parte di questa affermazione che riguarda la Germania; mentre sulla prima parte, secondo cui “Draghi non è Berlusconi” siamo perfettamente d’accordo, per quanto con criteri di valutazione diversi, anzi decisamente opposti rispetto a quelli di Medvedev.
Capita spesso, lo abbiamo osservato sin dai tempi di Craxi-Martelli, che un capo politico, non potendo istituzionalmente esprimere pienamente i suoi pensieri e le sue osservazioni critiche, affidi questa funzione ad una figura secondaria, meno compromessa, che quindi può impunemente affondare le sue invettive, dicendo quel che il suo padrone non può dire.
Ecco, secondo noi, Medvedev sta attualmente svolgendo questo ruolo, con uscite che Putin, da presidente, può magari pensare ma non certo pronunciare.
È indubbio che “Draghi non è Berlusconi”, solo che l’espressione può essere letta in modo diverso, se non contrario, come in questo caso, almeno secondo il nostro modo di pensare.
Un recente articolo di Edgar Morin su Repubblica ha dimostrato che la politica di Putin nell’attuale Russia è in perfetta coerenza con quella degli zar, poi con l’Urss di Stalin. Proprio per opera di Vladimir Putin, che in tempi sovietici era a capo del terribile Kgb, alla caduta del regime i suoi funzionari sono stati messi nei posti chiave e sono diventati gli attuali oligarchi, impegnati in un affarismo capitalistico che li ha fatti arricchire a spese della gente comune che si dibatte tra mille difficoltà.
È evidente che in questo stato di cose l’affarista italiano, sceso in campo nella politica come un don Chisciotte contro l’inesistente comunismo, potesse diventare l’interlocutore ideale per l’oligarchia russa e in particolare per il suo capo, ‘l’amico Vladimir’.
Appena l’attuale premier del governo italiano, con una autorevolezza di portata europea, ha stigmatizzato l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, osando addirittura cercare un colloquio con Putin per proporre un immediato cessate il fuoco e l’inizio di una composizione pacifica del conflitto in atto, magari salvando il grano che sta marcendo in barba alla fame di tanti popoli, quando cioè, realisticamente, Draghi tenta di avviare un processo per raggiungere una pace a cui prima o dopo si dovrà inevitabilmente arrivare, ecco che allora Putin si accorge che l’economista Draghi non è l’affarista Berlusconi, e fa dire a Medvedev che (per nostra grande fortuna) “Draghi non è Berlusconi!”