Febbre

SCAFFALE

Un libro che non vedi l’ora di finire per liberarti dal fastidio personale provocato dall’argomento scabroso che descrive; stiamo parlando di “Febbre”, autodefinitosi ‘romanzo’, opera prima di Jonathan Bazzi, pubblicato dall’editrice Fandango Libri nel 2019.
Che sia un romanzo, intendiamo non un racconto-verità, ma piuttosto basato sull’elemento fiction, è nei nostri auspici; insomma che, a parte qualcosa di vero, ci sia molto di inventato, sarebbe per noi un aspetto consolatorio.
La storia si dipana a due livelli che narrativamente si intrecciano.
Da una parte Jonathan, figlio di genitori separati, che cresce accudito dai nonni, che a poco a poco sente una propensione verso il mondo femminile, finendo per scoprirsi omosessuale; in questo senso si tratterebbe della storia di una presa di coscienza di sé e del conseguente non facile “coming out” cioè di farsi conoscere ed accettare come gay, prima dalla madre e infine, con una pubblica presa di posizione, anche dalla gente in genere; insomma una forma di gay pride, una dichiarazione coraggiosa, senza le avvilenti buffonate dei cortei.
Dall’altra parte, Jonathan, che convive con il bel rumeno Marius, si trova ad avere una continua febbriciattola, che dopo un calvario di esami e di paure, si rivela essere una positività all’HIV; mentre, avvalendosi delle strutture sanitarie pubbliche Jonathan è impegnato in una lunga terapia, resta il problema da una parte dell’accettazione della situazione e dall’altra di chi gli ha trasmesso l’infezione, data la lunga promiscuità di rapporti non protetti con le persone più disparate.
Alla fine Jonhatan riesce a fermare l’infezione e con il suo gay pride, Marius consenziente, fa il gesto ‘eroico’ del coming out pubblico.
L’opera, va detto chiaramente, è scritta con chiarezza ed efficacia, non solo stilisticamente ma anche sul piano del contenuto; la candidatura al Premio Strega è più che giustificata.
Da parte nostra, abbiamo parlato di un senso di disagio, a volte di fastidio, che la lettura di questo romanzo ci ha provocato. Vorremmo chiarire che queste sensazioni non riguardano in nessun modo il fatto che il protagonista sia gay; ormai col mondo degli omosessuali abbiamo imparato a convivere, li rispettiamo anche se noi, senza pretese di normalità, da loro ci sentiamo diversi.
È piuttosto la cinica amoralità del protagonista che ci ha letteralmente schifato; una amoralità, si badi bene, che avremmo provato anche se il protagonista, da etero, si fosse comportato allo stesso modo con le donne; la sua puntuale, compiaciuta elencazione dei rapporti fugaci, dei facili cambiamenti di partner, questo fare sesso senza una relazione umana, non scomodiamo l’amore o il sentimento, in incontri occasionali, a noi è sembrato decisamente avvilente e disgustoso, insopportabile alla lettura.

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