Dopo aver fatto cadere il governo Draghi, per noi tra i migliori, se non in assoluto il miglior governo che abbiamo avuto in Italia negli ultimi decenni, il centro-destra ha vinto le elezioni politiche con l’exploit della Meloni, mentre Salvini e Berlusconi , pur avendo dimezzato il loro consenso popolare, le si sono accodati.
Il centro-destra unito aveva messo insieme un programma elettorale su cui erano confluite le promesse di tre personaggi come la Meloni, oppositrice accanita contro tutti e tutto, Berlusconi e Salvini; ne è venuto un libro dei sogni che, pensando fosse realizzabile, ha illuso gli italiani, tanto da votarlo; così, con il 26% dei consensi Giorgia Meloni é diventata premier del nuovo governo di centro-destra.
Naturalmente, passata l’euforia elettorale, il nuovo governo ha dovuto cominciare a prendere atto della realtà, così diversa da quella prospettata in campagna elettorale; quando infatti si è dovuti passare alla loro realizzazione pratica, sono cominciati i problemi reali, e molte delle promesse elettorali alla prova dei fatti si sono dimostrate pie illusioni, le solite chimere.
Senza scendere qui in particolari, ci limitiamo a considerare quello che più caratterizza questo inizio di legislatura, cioè la manovra finanziaria per il 2023 attualmente in discussione.
Quando l’ha licenziata come proposta, Giorgia Meloni ha dichiarato che a lei la manovra, così com’era, ‘piaceva’ (vorrei vedere!); a parte la stranezza di qualcosa che le andava bene quando fino a ieri trovava da ridire comunque su tutto e su tutti, in queste settimane abbiamo visto a poco a poco ridimensionare, cambiare, ritirare provvedimenti che in fase di discussione preliminare in commissione si sono di fatto dimostrati irrealizzabili, per quanto nell’euforia della vittoria il centro-destra li aveva presentati come punti qualificanti del cambiamento in atto; insomma un gran uso della retromarcia.
Per capire la gravità della situazione basterebbe pensare che, ancor prima che la manovra 2023 arrivi in Parlamento, la Corte dei Conti ha dovuto avvertire il governo che per qualcosa come 44 proposte, semplicemente mancava la copertura finanziaria; come dire che, tentando di inserire nel concreto della manovra quanto promesso in campagna elettorale, la cosa si è dimostrata irrealizzabile, anzi velleitaria, semplicemente per mancanza delle necessarie risorse finanziarie. Naturalmente la Meloni, considerato che a lei la manovra piace, non ha trovato di meglio che arrabbiarsi con il medico che ha diagnosticato la malattia.
“Abbiamo tolto un po’ a chi ha tanto, per darlo a chi ha poco” ha affermato alla Robin Hood, Matteo Salvini; per noi la sostanza è invece che la manovra ha tolto a chi lavora onestamente per darlo a chi non lavora o a chi ruba. Scandaloso infatti, ma ormai gli Italiani a questo sono assuefatti, quello che, definito come ‘rottamazione delle cartelle fiscali’ é di fatto un ennesimo, immondo condono fiscale, prerogativa ormai storica del più degenere berlusconismo. Tanto che, con più di una ragione, è stato detto che questo è il governo degli evasori.
Furbescamente la polemica politica, con relativo immorale scandalo mediatico, viene dirottata sui poveri cinghiali che a Roma funzionano da provvidenziali spazzini.