Il comandante Silva

SCAFFALE

Il sotto-titolo è “l’ardimento e il sacrificio”; stiamo parlando dell’opera di Liverio Carollo dal titolo “Il comandante Silva” edito nel mese di luglio dalle Grafiche Simonato di Fara Vic. a cura del Gruppo “Silva” di Mortisa di Lugo Vic. e degli “Amici della Resistenza” Anpi-Avl di Thiene.
Partiamo dai difetti, per poi dare spazio ai pregi.
È scritto troppo in piccolo, in particolare le note sono difficilmente leggibili; nessuno discute l’eleganza della veste grafica, moderna ed essenziale, ma forse si dovrebbe tenere in maggior considerazione anche il lettore non dotato di un “occhio di falco”.
Detto questo, passiamo ai pregi; l’opera di Liverio Carollo viene a saldare un conto che la storia della Resistenza nel Vicentino aveva incredibilmente lasciato sospeso: la ricostruzione della figura di Francesco Zaltron, il mitico Comandante Silva.
L’opera si compone di tre parti; la prima è la parte storica, con tratteggiata la figura di Chichiti Zaltron, nato e vissuto a Marano Vicentino in una famiglia della piccola borghesia locale, un giovane vivace sia nel comportamento che intellettualmente, avviato dalla famiglia agli studi di medicina all’Università di Padova.
C’è in lui, giovane studente, lo spirito di ribellione, come dovere morale ed impegno di vita, che fu ispirato ai giovani studenti dell’ateneo patavino da Concetto Marchesi ed Egidio Meneghetti.
Dopo l’8 settembre 1943, che visse da militare a Forlì, Franceso Zaltron entrò nella clandestinità e a Thiene partecipò alla formazione della Brigata “Mazzini” di cui, dopo alterne, vicende divenne il Comandante del Battaglione di Montagna.
Silva, come comandante era conosciuto e ammirato da tutti per il suo “ardimento e sacrificio”, in particolare dalle gente della montagna, verso cui sentiva un dovere di gratitudine, cui forse in seguito non si seppe rispondere.
Due punti ci hanno particolarmente colpito; il primo è che il Comandante della “Garemi” Alberto, vistosi rifiutato come comandante del Comando Unico delle formazioni partigiane dal Garda al Grappa, in alternativa suggerì a Freccia il nome di Silva, che evidentemente riteneva all’altezza del compito, per quanto poi Silva abbia declinato l’incarico.
Il secondo punto è quello che riguarda la cosiddetta Battaglia di Granezza del 6-7 agosto 1944. Contrariamente alle regole della guerriglia, che col metodo “colpisci e fuggi”, cerca di evitare lo scontro diretto, Silva coraggiosamente decise di affrontare, per quanto a lungo sostenibile, lo scontro frontale con i rastrellatori; è stata una scelta non condivisa e in seguito criticata, anche per quello che è costata in termini di perdite umane, ma che noi storicamente leggiamo come un coraggioso tentativo di dimostrare che nel Bosco Nero, rifugio dei partigiani, nessuno poteva entrare impunemente, un riappropriarsi delle nostre terre da parte della Resistenza partigiana.
Segue naturalmente la tragica fine in cui Silva fino all’ultimo dimostrò, appunto “l’ardimento e il coraggio”.
Nella seconda parte viene presentata una decina di lettere di Silva alla madre, in cui si può cogliere il senso umano di profondo affetto di questo figlio un po’ scapestrato.
Livero Carollo, come ha fatto in precedenza con Freccia, offre la possibilità di un dettagliato percorso escursionistico partigiano che ripercorre “l’ultimo viaggio di Silva”, itinerario che si conclude a Mortisa di Lugo, dove, oltre al monumento che ne ricorda la tragica fine, è possibile visitare il Museo della Resistenza a Silva dedicato.

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