Stiamo assistendo di questi mesi ad un vero e proprio stillicidio di celebrazioni intente a ricordare il centenario della nascita dello scrittore Luigi Meneghello; tutte iniziative meritorie, che certamente hanno il nostro plauso, ma che difficilmente, a nostro parere, sembrano cogliere la sostanza culturale di uno scrittore che abbiamo avuto la fortuna di conoscere ed ammirare sin da quando ben pochi lo conoscevano.
Tutte queste iniziative in atto sembrano comunque tentare di cogliere lo spessore culturale del dialetto vicentino che Meneghello riconosce come il suo fondamentale mezzo espressivo, la lingua in cui dice di riconoscersi; è forse questo, la dimensione dialettale, l’aspetto che più colpisce e diverte, soprattutto quando si carica di nostalgia verso un mondo, l’infanzia maladiense, ormai definitivamente perduto.
Ma questo è solo l’inizio, ce n’est que le debut, direbbero i francesi; da qui partono i cosiddetti “trasporti”, cioè il contributo linguistico che anche il dialetto vicentino può offrire per restituire alla lingua italiana una espressività che la normalizzazione dell’italiano televisivo degli anni ’60, aveva in qualche modo, se non fatto perdere, almeno fortemente impoverito.
Dialetto, quindi, e dialetto vicentino in particolare, non per un fatto nostalgico, ma come possibile arricchimento espressivo della lingua nazionale; per questo Luigi Meneghello è sempre stato abissalmente distante da tutto il versificare in dialetto che ai suoi tempi imperversava.
È con queste credenziali di italiano, uno che ha fatto la Resistenza per liberare l’Italia, che Meneghello tenta di arricchire la lingua nazionale con l’espressività culturale delle sue radici vicentine, per metterla in grado di affrontare la sfida dell’Europa unita, che inevitabilmente, superati gli orgogli nazionalistici, finirà per esprimersi nella lingua più semplice ed espressiva, cioè la lingua inglese. Non è infatti immaginabile che l’Europa, nel momento in cui finalmente acquisirà una dimensione veramente unitaria, possa esprimersi in qualcosa come 27 lingue nazionali; inevitabile arrivare ad una lingua unica, l’inglese internazionale, che dovrà avvalersi anche del contributo espressivo di tutte le lingue nazionali parlate dagli Stati membri.
Ecco perché fermarsi al Meneghello dell’infanzia a Malo è estremamente piacevole per il pubblico, ma significa sostanzialmente fermarsi all’inizio di un percorso culturale con cui lo scrittore proprio partendo dalle sue radici dialettali vicentine, tenta di contribuire con i trasporti linguistici ad arricchire la lingua italiana per metterla in grado di pesare su quell’international English che è destinato, prima o dopo, a diventare la lingua dell’Europa Unita. È questa la dimensione culturale che il Meneghello che abbiamo conosciuto, come scrittore ci ha indicato una via linguistica verso l’Europa unita di cui proprio in questi giorni si sente un gran bisogno.