L’edizione del romanzo di Gianrico Carofiglio, “La disciplina di Penelope”, con la dicitura ‘Giallo Mondadori’, ci riporta ad un mondo ormai scomparso, quello dei libri gialli che l’editrice Mondadori continuamente sfornava prendendoli, almeno allora, dalla sotto-letteratura degli Usa; il mondo per capirsi di Mike Spillane, Nero Wolfe, ecc. Certamente questo romanzo di Carofiglio può vantare un maggior spessore letterario, anche se non all’altezza di altre sue opere.
La storia gira attorno ad uno strano personaggio di ex poliziotta, espulsa dalla polizia, non si sa per quale grave motivo, che lei riconosce ma non rivela; Penelope sembra essere il corrispettivo femminile dei tanti investigatori più o meno privati che nella letteratura gialla vengono coinvolti in un’indagine poliziesca non ufficiale ma da loro puntualmente condotta a termine con successo.
Qui si tratta di un certo signor Rossi che è stato assolto dall’accusa di aver assassinato la moglie “per mancanza di prove”; lui non è disposto ad accettare questa sentenza, perché, anche di fronte agli occhi della figlia, vuole una assoluzione completa, cioè per non aver commesso il fatto.
Per questo interpella in via privata la nostra Penelope che, non senza esitazioni, inizia una indagine, coinvolgendo per aiuto alcuni ex colleghi poliziotti che ancora conservano una grande stima per lei.
Non potendo andar oltre col raccontare la trama, per non rovinare il sacrosanto diritto di un giallo alla suspense, ci rivolgiamo al personaggio di Penelope, creato da Carofiglio.
C’è subito da dire che si tratta di un personaggio stereotipato, cioè che risponde ai soliti canoni degli investigatori, figure al limite fra legalità e crimine, stavolta in versione femminile. Single, sessualmente disinibita, fisicamente prestante, eccessi accurati nel bere e nel mangiare, Penelope è la ragazza che rinuncia ad attraversare la città in moto, usando invece i mezzi pubblici, per ripercorrere fisicamente il tragitto compiuto dalla vittima, cercando di immedesimarsi per cogliere quei particolari che possano risultare utili all’indagine.
Allo stereotipo appartiene anche l’immancabile fiuto psicologico, che porta l’investigatrice a leggere con attenzione e dare importanza a particolari che al lettore erano apparsi del tutto insignificanti.
Non manca poi la spregiudicatezza con cui la nostra Penelope infrange tutte le regole che un poliziotto dovrebbe osservare, compresi i rapporti con gli informatori.
Evidentemente una storia di questo genere e con queste caratteristiche, data in mano ad uno scrittore del calibro di Gianrico Carofiglio, ne fa risultare un romanzo di piacevole lettura, anche se non all’altezza di altre sue opere migliori.