“Rivoluzione Vedova” questo il titolo, più che appropriato, della Mostra aperta fino a fine novembre presso l’M9, Museo del ‘900, di Mestre.
A cominciare dall’esposizione delle opere: chi si aspetta una ordinata, razionalmente distribuita sequenza di opere più o meno interessanti, resta profondamente disorientato. Le opere sono accumulate apparentemente alla rinfusa, ammucchiate, si intersecano in alto e in basso con altre opere senza un senso di continuità sequenziale.
Nello spazio della Mostra le opere sono raggruppate per zone, con un ordine magari cronologico, cioè per periodo di esecuzione ma in modo assolutamente inconsueto, rivoluzionario.
Del 1961 sono i Plurimi, prima le opere veneziane poi quelle realizzate a Berlino tra il 1963 e il 1964, tra cui i sette dell’Absurdes Berliner Tagebuch ’64 presenti nel 1964 alla “documenta” di Kassel, dove ha esposto anche in numerose altre edizioni.
Nel periodo che va dal 1965 al 1967 Vedova lavora al Percorso/Plurimo/Luce per l’Expo di Montreal. Svolge un’intensa attività didattica nelle Università americane e poi alla Sommerakademie di Salisburgo e all’Accademia di Venezia.
Negli anni settanta realizza i Plurimi/Binari del ciclo Lacerazione e i Carnevali e negli anni ottanta i grandi cicli di “teleri” fino ai Dischi, Tondi, Oltre e …in continuum.
Non mancano alcune tra le ultime opere personali, esposte nella grande antologica al Castello di Rivoli nel 1998 e, dopo la sua scomparsa nel 2006, alla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, alla Berlinische Galerie di Berlino e a Milano, a Palazzo Reale, nel dicembre 2019.
La pittura per Emilio Vedova è il modo per vivere intensamente la realtà del suo tempo. Lui è dentro a tutti i fatti, le crisi, le guerre del suo tempo in modo diretto e sofferto, dalla Resistenza alla Guerra in Corea, dal Vietnam a Praga.
Solo che la sua partecipazione non la esprime figurativamente ma sensitivamente, cioè attraverso gli impulsi e le sensazioni che prova nel suo intimo.
Si parla addirittura di una specie di compenetrazione nei fatti osservati, da cui escono traslati i sentimenti di sofferenza e di ribellione che i fatti stessi producono.
Sarebbe inutile cercare in questa Mostra qualcosa di figurativamente razionale, un oggetto, un viso, un paesaggio; ci sono solo getti spesso furiosi di colore su una tela con cui Vedova esprime ciò che sente di fronte alla realtà del suo tempo.
Insomma una Mostra di opere di Emilio Vedova che è in tutti i sensi una rivoluzione.