La signora del martedì

TEATRO

[foto di Giuseppe Santamaria]
Ci eravamo appena esaltati per lo spettacolo su Ezra Pound, quando puntuale è arrivata una specie di doccia fredda; stiamo parlando di “La signora del martedì” di Massimo Carlotto, con Giuliana De Sio e Alessandro Haber, per la regia di Pierpaolo Sepe, andato recentemente in scena al Teatro Comunale di Thiene nell’ambito della 42^ Stagione Teatrale Thienese.
Il problema, detto drasticamente, non è stato lo spettacolo in sé, nel cui merito non ci sentiamo di entrare; il problema è che abbiamo sentito non più di un quarto di quello che è stato recitato sul palcoscenico.
La vicenda rappresentata l’abbiamo quindi desunta, intuita, più che e seguita nel suo svolgersi in scena.
Più o meno, in un alberghetto poco frequentato e gestito da un travestito, una signora ha settimanalmente, al martedì, un appuntamento con un aspirante attore porno. Finché all’albergo si presenta un giornalista che fa emergere la verità sulla signora, una ex prostituta di cui si era un tempo innamorato, mettendo a nudo delle verità non sempre confessabili.
Lo spettacolo è tratto da un romanzo di Massimo Carlotto che ci ripromettiamo di andare a leggere per capire a fondo la trama dello spettacolo, un’espediente questo che, ci si permetta, è un po’ avvilente per chi ama il teatro.
Un esempio: Nana (Giuliana De Sio), la signora del martedì, ad un certo punto deve aver fatto in scena una più che sofferta confessione dei suoi torbidi trascorsi; solo che, magari in ossequi al segreto confessionale, noi non l’abbiamo sentita. E, per conferma, altri dall’udito migliore del nostro, hanno intuito la drammaticità ma non le parole.
Quello che si capiva meglio era Alessandro Haber, nel ruolo di giornalista, ma da solo non bastava.
Se poi qualcuno ci consiglia di ricorrere a qualche protesi, possiamo dire che, giusto un settimana prima, abbiamo sentito perfettamente e quindi gustato, parola per parola, Mario Rigillo e Anna Teresa Rossini, recitare “Ezra in gabbia” senza l’aiuto di alcun apparecchio.
Resta quindi da decidere se nel rapporto attore-spettatore, sia il secondo che deve capire il primo, o il primo che, per la natura stessa del teatro, deve fare di tutto per essere compiutamente capito e magari gustato da chi assiste allo spettacolo.

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