La sindrome Trump

ATTUALITÀ

Potremmo chiamarla “sindrome Trump”, non perché l’abbia inventata lui ma perché ne è un esempio più che convincente.
È la sindrome che colpisce i capi di governo parvenu, cioè arrivati al potere senza una approfondita esperienza politica alle spalle e che, sull’onda del consenso popolare, acquisito in qualche modo, credono di poter governare lo Stato con la stessa spregiudicatezza con cui hanno governato le loro aziende; si potrebbe definirla anche sindrome Berlusconi, quando malauguratamente decise di “scendere in campo” per salvare l’Italia dall’inesistente pericolo comunista.
La sindrome consiste nell’identificarsi con lo Stato che in qualche modo ci si trova a governare; insomma una moderna riedizione de “l’Ètat c’est moi!”, lo Stato sono io, di Luigi XIV, re della Francia pre-rivoluzionaria.
È in base a questa sindrome che quando Trump proclama “America first”, in realtà lui intende dire “Trump first”.
Come nel caso Berlusconi e le sue “leggi ad personam”, “ne ho fatto solo tre”, come se anche una sola non fosse un’indecenza politica, anche Trump non solo ha usato il potere a fini personali, guadagnandoci, abbiamo letto, qualcosa come 78 milioni di dollari, ma si è esaltato fino al punto da identificarsi personalmente con gli Usa.
Il tutto mentre, avendo ormai capito che finalmente se ne deve andare, si prepara alle ultime convulse ‘grandi firme’, compresa quella con cui preventivamente, con grande magnanimità, concede il perdono giudiziario a se stesso, oltre che ai membri della sua famiglia.
Potremmo anche chiamarla sindrome da ‘sovranismo’, cioè l’arroccarsi entro una cerchia di limitata visione del potere, per difendersi dai supposti nemici esterni, ribadendo la propria supremazia; una specie di riedizione di Fort Apache assalito da orde di pellerossa.
Che il sovranismo fosse un’assurdità in tempi di globalizzazione, solo il fanatismo di Steve Bannon poteva non vederlo, oltre naturalmente a tutti i suoi epigoni, compreso il nostro madonnaro Matteo Salvini che anche stavolta è salito sul carro sbagliato, una sua specialità.
Il fatto è che Trump stenta a rendersi conto che lui non è l’America, ne è stato solo una parte, per quanto cn un ruolo importante, ma pro tempore; se lui alle elezioni di novembre ha avuto dalla sua 70 milioni di voti, il suo avversario Joe Biden ne ha ottenuti più di 76 milioni; e in democrazia, chi ha più voti vince.
Naturalmente, in base alla ‘sindrome Trump’, ogni voto non dato a lui, pardon all’America con cui si identifica, è una “big fraud”, una grande frode di cui si sente vittima, non in base ad una espressione democratica del voto degli elettori, ma in base ad una indimostrabile manipolazione dei voti a favore di Biden.
A dimostrare la sua inadeguatezza a fare il presidente Usa è il fatto che mentre negli Usa la pandemia da corona virus dilaga in modo impressionante, più che in tutti gli altri Stati del mondo, lui Trump è impegnato a fare inutili ricorsi contro il risultato elettorale, chiedendo continui riconteggi che spesso gli si rivolgono contro.
E allora, chiariamolo una volta per tutte: Trump non è l’America, ne è stato solo il Presidente per quattro anni (eletto da Vladimir Putin), e nel 2020 non è stato rieletto perché in questi quattro anni si è dimostrato indegno e incapace, un Capitan Fracassa da operetta, decisamente il peggiore e il meno dignitoso di tutti i Presidenti Usa di nostra memoria.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *