“Pura poesia!” ci siamo sentiti esclamare scorrendo le pagine della raccolta fotografica recentemente pubblicata da Giuseppe Stella, dal titolo “L’Astico, un torrente vicino a noi”.
Forse sarà effetto della ipersensibilità di chi nell’Astico ha imparato a nuotare prima ancora che a camminare, di chi vi ha trascorso tanti spensierati giorni, di cui le foto di Giuseppe Stella ripropongono la nostalgia; il fatto è che di fronte alle oltre 140 immagini che presentano molti dei luoghi della nostra infanzia siamo stati assaliti da quell’overflow, da quell’empito di sentimento che di solito proviamo di fronte a componimenti poetici particolarmente sentiti.
Giuseppe Stella scrive che questo suo ‘volumetto’, in realtà un libro d’arte fotografica, “tenta di raccontare per immagini il torrente Astico nei suoi molteplici aspetti, a partire dal confine con la provincia di Trento fino alla confluenza con il torrente Lavarda nei pressi di Poianella, dove prende il nome di Tesina”.
Il racconto fotografico, perché di racconto si tratta, si articola per sezioni come Paesaggi, Ponti, Forme, Salti d’acqua, Inquinamento, Opere, Pescatori, Persone, Lavorazione ghiaia; ognuna di queste sezioni viene trattata con foto che la presentano non solo con immediatezza reale ma spesso anche con una suggestione nostalgica, per non dire con un afflato poetico.
Noi, amichevolmente, contestiamo a Giuseppe Stella, il termine ‘torrente’ attribuito all’Astico, opponendogli una nostra orgogliosa vanteria giovanile con cui affermavamo che l’Astico di fatto è un fiume, diventato torrente solo perché, dopo la Cartiera Burgo di Lugo, gli hanno rubato l’acqua, incanalandola nelle numerose rogge, dove comunque l’acqua è perenne.
E come tutti i fiumi (o torrenti) anche l’Astico ha una sua vita e una sua storia, che Stella racconta attraverso scorci di paesaggi, ponti, come il “ponte che bala” di Calvene, che recentemente abbiamo scoperto essere stato a suo tempo un’opera d’avanguardia avveniristica dell’architetto thienese Andrea Zuccato.
Se oggi la ghiaia dell’Astico la si cava a livello industriale, non possiamo dimenticare i tempi i tempi in cui sabbia, ghiaia e sassi calcarei li si cavava a mano e spesso costituivano l’unico lavoro con cui si manteneva una famiglia. Poi arrivava una delle ricorrenti ‘brentane’, e la piena rifaceva il letto del fiume, ripianando le buche scavate.
Si capirà allora perché per noi è stato particolarmente suggestivo non solo rivedere immagini dimenticate, ma piuttosto rivivere dal profondo quello ‘spirito’ dell’Astico che è stato tanta parte della nostra vita.