Stiamo anche noi assistendo, in verità senza grande interesse, a quanto sta avvenendo in questi giorni nel Movimento 5 Stelle, con la scissione di Luigi Di Maio, che ha formato un nuovo partito, di cui, naturalmente, sarà il principale esponente.
Da quel che abbiamo capito, ma ripetiamo, non siamo particolarmente interessati, almeno due sono le motivazioni della rottura di questo ‘movimento’ (non ha mai voluto essere considerato un partito) che si è consumata in questi giorni.
Da una parte, la questione della fornitura di armi all’Ucraina da parte del governo italiano, con le diverse posizioni tra chi considera che con le armi si fa la guerra e non la pace, e chi invece intende aiutare anche militarmente gli ucraini per metterli in grado di resistere, se non respingere, la proditoria invasione da parte della Russia di Putin.
È una questione politica. nel cui merito non intendiamo qui entrare, ma che comunque secondo noi avrebbe dovuto essere risolta all’interno del movimento, con un franco dibattito democratico tra posizioni diverse, com’è nella logica della democrazia pluralista, che proprio loro, i M5S, avrebbero voluto insegnarci.
Molto meno idealistico, anzi molto meno nobile, è invece il secondo motivo che ha portato alla scissione di Di Maio, cioè la questione del secondo mandato e la non possibilità di essere eletti per un terzo mandato; sulla carta, l’idea era di impedire le incrostazioni che, negli altri partiti, derivano dalla perenne continuità del mandato parlamentare, in base alle scelte del partito.
Ora si dà il caso che, in base a questo criterio, Luigi di Maio, arrivato al suo secondo mandato a ricoprire nientemeno che la carica di Ministro degli Esteri, nelle elezioni politiche del 2023 non sarebbe più ricandidabile e dovrebbe uscire dal Parlamento; una regola che non ammette eccezioni e che di fatto significa l’uscita di scena dalla vita politica, ciò che Di Maio non ha accettato, provocando la scissione nel M5S e costituendo un suo gruppo politico, in cui dice di essere proteso verso il ‘futuro’.
Il che, permetteteci di osservare, parlare di futuro verrebbe automaticamente ad escludere ogni sua intenzione di uscire dalla scena politica. Insomma, quel che volgarmente si dice una questione di ‘carega’, da cui non ci si vuol staccare, proprio come succede da tempo negli aborriti partiti le cui logiche il M5S voleva superare.
E allora, ci chiediamo, dove sono finiti i mille discorsi sulla propria diversità, sulla democrazia diretta e partecipata, sugli assegni-lenzuolo per l’autoriduzione dell’indennità parlamentare?
Che il movimento di Grillo fosse un fuoco di paglia, che ha abbagliato gli elettori con idealistiche promesse velleitarie che non potevano essere mantenute, è sempre stato nelle nostre convinzioni; che finisse per una questione di ‘carega’ ci sembra una squallida incoerenza con cui ci si allinea a ciò da cui si voleva essere… diversi.