Meloni … dimenticona

ATTUALITÀ

Dobbiamo, con un certo disappunto, registrare il fatto che la premier Giorgia Meloni, oltre che un po’ disinvolta nelle telefonate che riceve, è anche gravemente ‘dimenticona’.
Alcuni esempi. Licenziata dal governo, tra mille contraddizioni e quotidiani stravolgimenti, la Meloni ha deciso autoritariamente di blindare la legge di bilancio, con il dichiarato scopo che non possa essere modificata dalla discussione in Parlamento.
La sorella d’Italia dimentica quanto lei stessa nel 2019 disse in Parlamento in una situazione analoga, quando lei era all’opposizione: “Dov’è la democrazia parlamentare se il Parlamento non può discutere la legge di bilancio?… La Democrazia Parlamentare significa che il Parlamento decide, la Democrazia Parlamentare significa che il Parlamento è centrale, e, di grazia, mi dite dov’è la Democrazia Parlamentare nel momento in cui il Parlamento non può discutere la Legge di Bilancio? Perché se al Parlamento gli togliete la Legge di Bilancio vi comunico che la Democrazia Parlamentare non c’è e non c’è manco il Parlamento! Eh!” Adesso Eh!, cara premier, lo diciamo noi.
Ma c’è di peggio se, come proposto dal governo Meloni, si dovesse andare verso il premierato, con l’elezione a suffragio universale del capo del governo. Ancora una grave dimenticanza della premier! Perché il governo, sempre che abbia letto la Costituzione, è depositario del potere “esecutivo”, cioè di applicare le leggi che spetta al Parlamento approvare, avendo il potere legislativo, mentre alla magistratura spetta il potere “giudiziario”, cioè di far osservare le leggi, punendo che non le rispetta.
Rompere questo equilibrio, per dare all’esecutivo anche, in tutto o in parte, il potere legislativo che spetta al Parlamento, è scardinare la struttura stessa su cui si basa la nostra Costituzione, quella che anche la Meloni da premier ha giurato di rispettare.
È ormai da decenni che i nostri premier hanno tentato di riformare in questo senso la Costituzione; ricordiamo in successione Craxi, Berlusconi, Renzi che hanno trovato su questa proposta la loro buccia di banana.
D’altronde un po’ tutti i premier che si sono succeduti in questi ultimi decenni hanno troppo spesso aggirato le norme, rinfacciandosi a vicenda un uso abnorme della cosiddetta “decretazione d’urgenza”, divenuta da eccezione a prassi normale.
Ancora recentemente, ci hanno raccontato la favola secondo cui per sveltire i lavori parlamentari bastava dimezzare i membri del Parlamento, una grande riforma che ha lasciato le cose come stavano prima, quando non le ha peggiorate.
Ora, col senso critico del cittadino democratico, non possiamo non denunciare il pericolo secondo cui diminuendo o limitando il potere legislativo del Parlamento per trasferirlo sul governo, non più organo solo esecutivo, si imbocca una strada che ha il suo sbocco naturale nel fascismo; d’altronde anche Mussolini, divenuto premier, trovava che il Parlamento era una stanza “sorda e grigia”.

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