Mio fratello

SCAFFALE

I racconti di Daniel Pennac sono sempre, ormai ci siamo abituati, una sorpresa, spesso felice, a volte cervellotica. In questo senso, solo lui poteva scrivere un racconto come “Mio fratello”, pubblicato nel 2021 nella collana della Universale Economica Feltrinelli.
Nella trama del racconto si intrecciano due vicende, diverse, ma non troppo.
Da una parte la relazione con il fratello, che parte dall’infanzia e si snoda, tra le diverse vicende della vita, fino alla sua malattia e quindi alla morte.
Per esorcizzare questo fatto doloroso, Daniel Pennac, insegnante in un liceo parigino, ricorre alla vicenda, di cui ha fatto una lettura scenica, di “Bartleby, lo scrivano” un racconto di Herman Melville.
Bartleby è impiegato come scrivano presso il notaio-narratore con cui ingaggia un serrato ma passivo confronto, rispondendo ad ogni richiesta, proposta o suggerimento del datore di lavoro con un semplice “preferirei di no”.
Il notaio prima si arrabbia, poi decide di licenziare Bartleby, che nel nuovo impiego continua con questo suo atteggiamento, finendo per coinvolgere in questo modo anche il suo ex datore di lavoro.
Certamente il Bartleby di Melville ha una dimensione psicologica da cui non si può prescindere nel giudicare il personaggio; più difficile è certamente l’accostamento di Bartleby con la figura del fratello di Pennac.
Da parte nostra ci sembra possibile azzardare l’ipotesi che si tratti di due figure umane svuotate, per ragioni diverse, di ogni forza vitale.
Così nel fratello, con cui ha condiviso importanti momenti della vita e che può ormai considerarsi alla stregua di un buon amico, Pennac vede dapprima l’insorgere della malattia che a poco a poco lo consuma, svuotandolo della voglia di vivere, che è come un arrendersi alla morte.
Allo stesso modo Bertleby esegue senza partecipazione il suo lavoro di scrivano, rifiutando ogni tipo di variazione dello stesso e della vita, con il suo ossessivo “preferirei di no”; uno quindi che, metaforicamente, continua a vegetare senza aspettarsi nulla dalla vita, perché ogni variazione è un disturbo.
Se la nostra interpretazione è accettabile, con Daniel Pennac nulla è scontato o banale, da questo romanzo sembra venire un invito a porsi con un atteggiamento attivo di fronte alle inevitabili difficoltà che la vita ci presenta, perché la passività di Bartleby o la rassegnazione del fratello sono l’anticamera della morte.

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