Orgoglio e pregiudizio

TEATRO

[foto si Giuseppe Santamaria]
Bello, bravi, buon teatro… ma non è Jane Austen. Questo in sintesi il nostro giudizio su “Orgoglio e pregiudizio” lo spettacolo andato in scena al Teatro Comunale di Thiene nell’ambito della 41^ Stagione Teatrale, con Arturo Cirillo che ne è anche il regista.
La vicenda messa in scena è la riduzione ed adattamento teatrale ad opera di Antonio Piccolo, del celebre romanzo della scrittrice inglese Jane Austen, con al centro lo scontro tra la crescente borghesia, orgogliosa dello stato di ricchezza raggiunto e la sempre più decaduta nobiltà, che si sostiene solo con i pregiudizi verso chi non è di sangue blu.
Quello che differenzia, o forse meglio distanzia, il romanzo dal dramma recitato al Comunale di Thiene è il tono generale.
Calmo, compassato, con le passioni e le emozioni tenute a freno e comunque mai ostentate, ma sempre sotto sotto ribollenti, insomma il tono vivacemente pacato della provincia dei romanzi della Austen; con i dovuti distanziamenti sociali alimentati dai pregiudizi quasi di casta.
Una versione all’italiana, un po’ ridanciana, di questa atmosfera austera, come quella presentata dallo sgambettante Arturo Cirillo può essere valida sul piano teatrale, ma non è più lo stile narrativo della Austen.
C’è nella regia e nella recitazione un sovraccarico di ge-stualità istrionica, che cambia la sostanza del valore letterario dell’opera.
Forse, è una nostra ipotesi, questa aggiunta di gestualità risponde intenzionalmente all’esigenza della regia di vivacizzare il racconto sulla scena; ma la nostra impressione è che in questo senso a volte si sia esagerato. Un esempio fra i tanti… quando Jane finalmente riceve la proposta di matrimonio, la vediamo sbracciarsi di contentezza come un calciatore che ha segnato un goal, come se non ci fosse altro modo per esprimerla.
Tutto questo non esclude che si sia trattato di buon teatro, capace di tenerti sulla scena nonostante la trama non facile da seguire. In particolare ci è piaciuto l’efficace gioco scenico delle grandi finestre che venivano mosse come quinte.
Anche la recitazione è stata buona in generale, perdonando alcune sottolineature eccessive.
Sorprendente è stata per noi l’interpretazione di Valentina Picello del personaggio di Elizabeth, primo perché è stata perfettamente dentro la parte del personaggio creato da Jane Austen, senza cedimenti o sbavature, e secondo perché ha saputo svolgere con rara efficacia il ruolo assegnatole dall’autrice di rendere esplicito il contrasto espresso dal titolo, e cioè l’orgoglio di chi accetta la sua condizione contro chi si muove nella società in base a pregiudizi che ormai la storia ai tempi della Austen stava cominciando a rendere un fatto sempre più puramente snobbistico.
Resta da chiedersi, ma qui il discorso si fa più generale, perché oggi il teatro italiano non riesca a produrre trame interessanti e si limiti ad adattare storie di testi letterari.

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