Siamo certamente stati tra quelli che, almeno in Italia, più hanno trepidato per la vittoria di Joe Biden alle ultime elezioni presidenziali Usa, se non per altro, almeno perché una vittoria del candidato democratico significava automaticamente la sconfitta del candidato repubblicano Donald Trump, il peggio del peggio della politica americana di sempre, compresi i fatti del 6 gennaio con le orde trumpiane che occupavano il Parlamento Usa.
In realtà non ci siamo mai esaltati per Joe Biden, un moderato, un po’ scialbo, il cui unico pregio, almeno ai nostri occhi, era proprio quello di non essere Trump. Con lui, si sperava, sarebbero finite le sceneggiate ‘grandi firme’, la ostentata stupidità dell’inquilino della White House, la supponenza di chi ragiona in base ad un antistorico “America first!”.
Grande quindi è stata la nostra delusione nel vedere che, completando un’azione politica iniziata da Donad Trump,
Joe Biden ha precipitosamente lasciato l‘Afghanistan in mano all’assurdo governo dei Talebani.
Occupare e far occupare militarmente dai vari contingenti nazionali, tra cui l’Italia, quel martoriato paese sarebbe stato, nella prospettiva storica di Biden, non la difesa della democrazia in Afghanistan, ma solo un rivalersi, una vendetta per i fatti dell’11 settembre 2001, con l’attacco alle Tween Towers.
La sorte del popolo afghano, un popolo che sostanzialmente non ha mai conosciuto la pace, non c’entrava col bisogno di vendetta per l’offesa subita; e noi, allocchi, mandare i nostri ragazzi a morire per l’orgoglio yankee.
Noi non abbiamo mai accettato il presuntuoso ruolo che la politica Usa si è unilateralmente assunta di esercitare nel mondo la funzione di ‘guardiani della democrazia’, quasi che avessero qualcosa da insegnare agli altri, facendo le pulci senza vedere la trave che avevano davanti ai loro occhi.
“America first” ha sostanzialmente adottato Joe Biden come motivazione per ritirare, dopo vent’anni, le truppe Usa che avevano occupato l’Afghanistan, lasciando il paese impreparato a difendersi dalle grinfie dei talebani.
A noi la motivazione addotta da Biden del ritiro delle truppe Usa dall’Afghanistan per l’enormità del costo giornaliero dell’occupazione, oltre che rispondere alla logica trumpiana dell’America first, ci ricorda quanto affermato in nostra presenza da un ex senatore democratico che trovava la pena di morte ancora in uso negli Usa economicamente vantaggiosa rispetto ai 400 mila bucks (migliaia di dollari) annui che avrebbe richiesto mantenere in vita un ergastolano.
Certamente non è tutta colpa di Biden; non si può dimenticare che gli afghani in vent’anni di protettorato internazionale, non hanno saputo fondare le solide basi di uno stato democratico, cullandosi nell’illusione che la costosa protezione internazionale non dovesse finire mai.
E così ora ci ritroviamo con un Afghanistan in mano a un’orda di fanatici religiosi che negano ogni forma di diritto umano, a cominciare dalla parità delle donne non solo escluse dal governo del paese, ma persino anche da ogni forma di pratica sportiva.
Così Joe Biden, almeno per noi, ha firmato la sua non rielezione… proprio come Donald Trump.