Referendum: ci risiamo

ATTUALITÀ

Sembra ormai una regola assodata che in Italia non appena qualcuno si affaccia al potere, invece di pensare a governare bene, pensi a cambiare la Costituzione, da cui si sente limitato; ci ha provato a suo tempo Craxi, e poi siamo in successione passati per Berlusconi, D’Alema, Renzi, ed infine adesso Di Maio, che per il 20-21 settembre ci chiama a confermare con voto referendario la legge che ha ridotto i parlamentari da circa 900 a circa 600.
Come sempre, non entriamo nel merito della scelta che gli Italiani sono chiamati a fare, anche se noi una nostra scelta l’abbiamo ben in mente.
Quello che ad una settimana dal voto referendario ci sentiamo di dire è che per toccare la Costituzione bisogna avere, oltre alla competenza, almeno l’altezza morale che essa, proprio per la sua natura di legge fondamentale dello Stato, inevitabilmente richiede; un’altezza morale, intendiamo di moralità politica, e una capacità di gestione dello Stato che oggi sconsolatamente non ravvisiamo nei proponenti del referendum.
Già in occasioni precedenti abbiamo chiarito il nostro pensiero: la Costituzione Italiana, scaturita dalle forze anti-fasciste che si sono espresse nella Resistenza, si basa su un delicato equilibrio fra i tre poteri dello Stato democratico: il legislativo, l’esecutivo e il giudiziario.
Mantenere questo equilibrio, da non dare per scontato, è l’imperativo morale di ogni cittadino, perché su di esso si basa la sua libertà di cittadino di uno stato democratico.
È solo con la garanzia di mantenere questo equilibrio che può essere presa in considerazione qualsiasi ipotesi di cambiamento del dettato costituzionale, con modifiche che ne rispettino la moralità politica e che, come la Costituzione, siamo condivise dalle forze democratiche del nostro paese.
Ecco che allora, sotto questa luce, la proposta di ridurre i parlamentari per risparmiare soldi, oltre che squallida è provocatoria; significa infatti sostenere che su 900 parlamentari un terzo, cioè 300, sono inutili e nullafacenti, tanto che possono essere tranquillamente eliminati. Sembra quasi che, per qualche milione di euro di un risparmio del tutto ipotetico e che prevedibilmente si rivelerà un flop, la classe politica italiana proceda ad un irresponsabile atto di auto-castrazione, come dire elimino un braccio perché due son troppi e posso farne senza.
Nel Veneto poi al Referendum sono abbinate leElezioni Regionali, dove si prevede che il Presidente Zaia venga rieletto con una valanga di consensi, per la sua azione di informazione pubblica durante i difficili mesi del coronavirus; certo, bisogna riconoscere il suo intuito politico nel trasformare la paura della gente in una quotidiana campagna elettorale per raccogliere i facili consensi di elettori dalla memoria corta che non hanno ben considerato come nella pandemia, pur con tutto quello che abbiamo pagato, ci siamo salvati solo perché ha tenuto la sanità pubblica, contro la tendenza di cui Zaia nel Veneto è il primo responsabile, del passaggio nella sanita dal pubblico al privato; quel privato che nella pandemia si è fatto vivo dopo lo scampato pericolo, solo per fare i tamponi a pagamento.
Fastidioso infine il fatto che ancora una volta, questa tornata elettorale sia presentata come un ulteriore test sul governo Conte; noi, per coerenza, esprimeremo la nostra scelta sul quesito referendario, sceglieremo una lista e un candidato per le elezioni regionali (escludendo a priori Daniela Sbrollini), senza curarci dei riflessi che gli esiti elettorali possono avere sull’attuale governo.

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