Riccardino

SCAFFALE

“Riccardino” di Andrea Camilleri, edito dalla Sellerio di Palermo, è uscito postumo nel 2020, ottenendo un largo successo di pubblico, tanto da diventare un must estivo.
Le ragioni di tanto favore da parte dei lettori sono, secondo noi molteplici.
Anzitutto si tratta di un’indagine del commissario Salvo Montalbano e della sua squadra. C’è stato l’omicidio del direttore di una banca di Vigata, uno dei quattro amici che formano un gruppo coeso (I quattro moschettieri), anche se la vittima, Riccardo Lopresti (“Riccardino” per gli amici), soprattutto con le mogli degli altri, andava ben oltre i rapporti di semplice amicizia.
Mentre tutti pensano che sia in questa cerchia di amici che si debba quindi cercare l’assassino, Montalbano segue un’altra pista e finisce per scoprire una ben diversa realtà, fatta di vescovi impiccioni, di baciapile smanaccioni e di laide donne cannone.
Assente dalla scena l’agente Augello, Montalbano deve avvalersi dell’ “anagrafologo” Fazio, coinvolgendo nelle indagini persino il fracassone Caterella; non manca naturalmente l’ennesima lite telefonica con l’eterna fidanzata Livia, che stavolta vorrebbe portarlo in vacanza a Johannesbourg, in Sudafrica.
Una indagine, una delle tante del commissario Montalbano, si potrebbe dire; solo che il fatto di sapere che è l’ultima che Camilleri ci fa tanta nostalgia.
Ma oltre al romanzo, in “Riccardino” c’è anche il meta-romanzo. Il commissario si trova infatti continuamente tra i ‘cabassisi’ nientemeno che l’Autore con cui dialoga e si confronta sullo sviluppo della vicenda in atto.
Intanto il nostro Montalbano letterario, pur con la grande popolarità che lo circonda, soffre la presenza dell’alter ego, il Montalbano televisivo, molto più popolare di lui e che nelle sue indagini si trova la pappa già pronta, basta che legga il romanzo da cui la puntata è stata tratta.
Sulla vicenda poi irrompe con frequenza e non sempre opportunamente l’Autore, che vorrebbe permettersi di dirigere le indagini che Montalbano sta puntigliosamente conducendo, proponendo finali buoni forse per la fiction televisiva, dove tutti si bevono tutto, senza guardare alla coerenza narrativa che un romanzo richiede.
Resta da dire che ad amalgamare il tutto, romanzo e meta-romanzo, c’è sempre lo sguardo sornione con cui Andrea Camilleri si diverte a raccontare le sue storie, e soprattutto la sua lingua, il dialetto vigatese, che alla lunga siamo riusciti a imparare anche noi.
Con il commissario Montalbano, esce di scena anche il suo piccolo mondo, quello a cui ci aveva da decenni abituato; lo rimpiangeremo sicuramente.

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