Un curioso accidente

TEATRO

[Foto di Giuseppe Santamaria]
Della commedia “Un curioso accidente” di Carlo Goldoni, recentemente andata in scena al Comunale di Thiene nell’ambito della 43^ Stagione Teatrale, per la regia di Gabriele Lavia, bisogna anzitutto inchinarsi e dire “grande teatro!”.
E siccome nel teatro goldoniano va posta in primo piano la recitazione, bisogna dire che siamo di fronte ad un livello interpretativo di valore assoluto, non solo da parte del protagonista e regista, Gabriele Lavia, ma anche degli altri interpreti.
La vicenda narrata è quella del ricco mercante olandese, Filiberto, che per bontà d’animo cerca di accasare Costanza, figlia di un altro mercante concorrente, Riccardo, ricorrendo ad un trucco per combinare il matrimonio della fanciulla con un suo ospite francese, Monsieur de la Cotterie, che a casa sua si sta rimettendo da una ferita in guerra, senza accorgersi di stare insegnando allo stesso e alla propria figlia Giannina come realizzare la loro storia d’amore nonostante l’opposizione del padre.
Da questo gioco di equivoci, dove nel dialogo, parlando di qualcuno, ci si riferisce a persone diverse, nascono le situazioni comiche in cui sguazzano i servi come Marianna o Arlecchino.
A poco a poco l’autore fa emergere la dabbenaggine del pur ben intenzionato Filiberto, con la solita morale secondo cui il gioco dell’amore va lasciato ai giovani, che lo sanno giocare meglio degli anziani, più propensi a combinare guai.
Se proprio dovessimo trovare un limite a questa commedia, ci verrebbe da dire che l’abbiamo trovata un po’ meno goldoniana, quasi non sia del solito Goldoni.
Intanto non è ambientata a Venezia ma in Olanda, durante la guerra dei 7 anni, anche se restiamo sempre nell’ambito del mondo mercantile; pur con i riguardi e il rispetto dei ruoli sociali, mancano cioè tutti i fronzoli o le leziosità dell’ambiente veneziano, i salamelecchi e le riverenze, cui siamo tradizionalmente abituati tra le calli della laguna. Lavia e gli attori vestono tutti rigorosamente di nero con sopra delle palandrane colorate che danno il senso, diciamo, già mittleuropeo dell’epoca, 1760, in cui la commedia ha debuttato a Venezia.
Un neo certamente perdonabile ci è inoltre apparsa in certi momenti della commedia la recitazione dell’ufficiale francese, con una accentuazione istrionesca che a noi è sembrata talvolta un po’ sopra le righe o, se vogliamo, poco goldoniana, come proverebbe la presenza, sia pure marginale, di Arlecchino.
Nel complesso quindi, quando abbiamo parlato di commedia ‘meno goldoniana’ intendevamo non tanto un limite ma una evoluzione dell’autore verso altri ambiti di ricerca teatrale, nell’imminenza del suo trasferimento a Parigi. E che Lavia, da regista, ha saputo cogliere e ben rendere, non solo facendo scendere gli attori tra il pubblico, ma portando il pubblico stesso direttamente in scena, tranquillamente coinvolgendolo nel dialogo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *