We can’t breathe

ATTUALITÀ

Forse i 4 poliziotti che il 25 maggio a Minneapolis, durante una manifestazione pacifica, hanno fermato George Floyd, 46 anni, immobilizzandolo con un ginocchio sul collo per l’eternità di 8 minuti e secondi, mentre lui disperatamente tentava di dire “I can’t breathe!” (non posso respirare), non potevano pensare a cosa sarebbe successo nelle settimane successive negli Usa.
Di negri ammazzati dalla violenza della polizia negli States sono strapiene le cronache; fatti ricorrenti cui quasi sempre segue una protesta più o meno pacifica, sopita in pochi giorni da altra violenza poliziesca. È il solito terribile gioco cui ormai credevamo di esserci assuefatti.
Questa volta però è stato diverso, le proteste si sono immediatamente diffuse in tutti gli Stati Uniti, con la gente che nelle piazze gridava all’unisono “We can’t breathe!” (non respiriamo!).
Così, in pochi giorni e in un impressionante crescendo, il caso della morte di George Floyd da razziale è diventato politico, ed ha infiammato gli Stati Uniti in lungo e largo come, a nostra memoria, non ricordiamo di aver mai visto; le manifestazioni pacifiste e anti-razziste dei tempi di John F. Kennedy e di Martin L. King, per quanto imponenti, non ricordiamo fossero così generalizzate.
Non sappiamo quanti siano e continuino ad essere i manifestanti nelle tante città degli States, ma la sensazione è che questa volta la morte di un negro sia andata oltre l’atto di violenza razzista, ed abbia scoperchiato una pentola dove dentro bolliva una rabbia da lungo covata, una rabbia contro un presidente inadeguato che, come il poliziotto di Minneapolis, preme il ginocchio sul collo del popolo americano; tanto che “we can’t breathe!” non è più solo la disperata invocazione di George Floyd inerme e morente, ma è diventato un grido politico contro chi, per gli interessi economici, soffoca i valori di fondo della democrazia americana.
Il presidente Trump non si è dimostrato in grado di capire la gravità del fatto, e con la sua boriosa insensibilità, di fronte alle migliaia di manifestanti davanti alla Casa Bianca, ha voluto fare il gradasso minacciando: “Se fossero riusciti a superare la cancellata, i dimostranti sarebbero stati accolti dai cani più feroci e dalle armi più minacciose che io abbia mai visto”.
Poi, naturalmente, cercando di recuperare la ‘old America’ si è oscenamente pavoneggiato davanti ad una chiesa con la Bibbia in mano; solo supponente squallore, come il Rosario in mano a Salvini!
Uno dei tanti ammalati di corona virus negli Usa, notizia dei giornali, dopo essere stato curato per 40 giorni in un ospedale, al suo ritorno a casa guarito si è visto recapitare un conto di 800 mila dollari; noi pensiamo alle migliaia di italiani che, con tutti i suoi limiti e i tanti eroismi, sono stati curati gratuitamente dal sistema sanitario nazionale, mentre non possiamo dimenticare che la prima teatrale firma che Trump ha ostentatamente fatto da Presidente Usa è stata l’abolizione dell’Obama Care, restituendo la sanità Usa al privato.
Così come, per nascondere la sua personale inadeguatezza nel gestire la crisi della pandemia, Trump con i suoi strampalati suggerimenti ha fatto inorridire i responsabili della sanità Usa, mentre ha cinicamente tentato di scaricare la colpa della stessa sui cinesi.
Da parte sua, l’ex Presidente Obama, rivolgendosi alle migliaia di manifestanti che gridavano la loro rabbia in tutti gli States, ha suggerito loro “Ricordatevene quando andrete a votare!” È quello che speriamo anche noi!

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