Crediamo che Alba Lazzaretto con la sua opera su “Tina Anselmi, la donna delle riforme sociali”, edita nel luglio di quest’anno dall’editrice Prometheus e recentemente presentata a Vicenza nella sede diocesana della Opere Sociali, abbia adempiuto ad un dovere storico, cui per colpevole ingratitudine, c’era il pericolo che venisse dimenticato.
Alba Lazzaretto ha “dialogato” (oggi è di moda) con Paolo Corsini che ha ripercorso le tappe dell’eversione politica italiana del secondo dopoguerra e con l’on. Carlo Fracanzani che dalle sue posizioni di sinistra Dc alla degenerazione politica in atto, insieme con Tina Anselmi, aveva tentato di opporsi.
Chi in quegli anni era politicamente attivo avrà certamente notato anche la presenza in sala di attempati personaggi (i catto-comunisti) una volta combattivi nella sinistra democristiana.
Ripercorre le tappe della vita sociale e politica di Tina Anselmi significa infatti rivivere la storia dell’Italia del secondo novecento fino ai nostri giorni.
Adolescente studentessa al Collegio di S. Dorotea di Bassano, fu costretta ad assistere all’impiccagione dei partigiani agli alberi del Viale dei Martiri nella notte di tregenda del 26 settembre ‘44; coniugando l’orrore per la violenza fascista con una profonda spiritualità religiosa, Tina Anselmi sviluppò uno spirito resistenziale che la portò ad essere sempre impegnata nel sociale, prima come partigiana e poi nel dopoguerra come sindacalista, fino alla sua elezione come deputata nelle file della Democrazia Cristiana.
Per la serietà e l’impegno della sua azione politica, con proposte che operavano soprattutto all’insegna di una giustizia sociale, l’on. Tina Anselmi ebbe l’onore di essere la prima donna italiana a ricoprire la carica di ministro in uno dei governi di Giulio Andreotti.
Ma forse il suo merito maggiore, sul piano politico. fu la sua presidenza della Commissione chiamata ad indagare sulla Loggia massonica P2 di Licio Gelli, che aveva tra i suoi iscritti personaggi come Silvio Berlusconi e il socialista Fabrizio Cicchito.
Nella sua relazione finale come Presidente della Commissione Tina Anselmi ebbe il coraggio di denunciare la presenza di una sovrastruttura eversiva che in nome di interessi economici di parte mirava a scardinare la struttura costituzionale del nostro Stato.
Purtroppo l’Italia politica non avvertì il pericolo e non sostenne la diga innalzata da Tina Anselmi; anzi, con una maldestra manovra politica, tutt’altro che non intenzionale, nel ’92 non fu più eletta in Parlamento.
Fu così che il berlusconismo non solo dilagò ma, attraverso la micidiale azione invasiva dei mass-media privati, divenne anche mentalità sempre più diffusa e radicata, facendo da anticamera al sovranismo di Meloni-Salvini-Tajani.
Di Tina Anselmi basterebbe ricordare che a chi gli proponeva di non rendere noto tutto quello che aveva scoperto, significativamente rispose “Non sono andata a fare la partigiana per nascondere qualcosa!”