Magnifica presenza

TEATRO

[Foto di Giuseppe Santamaria]
Decisamente buon teatro quello andato in scena al Teatro Comunale di Thiene nell’ambito della 45^ Stagione Teatrale; si tratta della commedia “Magnifica Presenza”, scritta e diretta da Ferzan Ozpetek.
Buon teatro che ha riempito il Comunale e che ci ha riconciliati dopo la non fortunata rappresentazione di “Il birraio di Preston”, basato su un racconto di Andrea Camilleri, che invece l’aveva desolatamente quasi svuotato.
Chiariamo subito che la nostra impressone su “Magnifica Presenza” non è condizionata da un possibile paragone con la versione cinematografica, che non abbiamo ancora visto.
La vicenda narrata è quella di un giovane attore alle prime armi, Piero, (magnifica la scena del provino) che viene scelto da una Compagnia teatrale composta da fantasmi, creando la situazione in cui solo lui vede i vari attori, con cui interagisce, ma non gli altri, tanto da essere compatito dalla cugina come un visionario alienato in preda a farneticanti allucinazioni.
Eppure lui a poco a poco con questi fantasmi, fra l’altro prodighi di consigli come colleghi di teatro, riesce a stabilire un rapporto umano che lo porta entrare nel loro dramma irrisolto che risale alla persecuzione degli ebrei durante il fascismo e la seconda guerra mondiale. Sarà infatti lui, per scelta o perché scelto, a risolvere il mistero che turba gli attori della compagnia.
È questo gioco tra realtà e mondo occulto che rende interessante la vicenda narrata, una situazione in cui non si sa dove o quale sia la realtà, quella vera, essendoci due dimensioni entrambe plausibili.
Buona la recitazione da parte di tutti gli attori, con qualche gridolino in più per Piero e con la consueta bravura di Serra Yilmaz, applaudita al suo ingresso in scena.
Efficace anche l’ambientazione, con una sceneggiatune e con movimenti di scena che si adattano alle necessità ‘logistiche’ di chi si deve muovere in mezzo ai fantasmi che non vede.
Ma forse quello che abbiamo più apprezzato è stato quel livello di ambientazione generale o, forse meglio, di atmosfera che si adatta perfettamente al mistero che si viveva in scena, con un linguaggio un po’ trasognato, un po’ old-style, ma soprattutto con esiti umoristici che alleggeriscono quello che avrebbe potuto essere un incubo.
Teatro comunque impegnato, questo dramma di Ferzan Ozpetek, in cui la leggerezza della vicenda a poco a poco rivela una sottostante dimensione tragica con cui anche oggi non è facile fare i conti.

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