C’è ancora domani

CINEMA

La sensazione che si ha dopo aver assistito al film “C’è ancora domani” è quella di trovarsi di fronte ad un capolavoro, uno di quei film che si ricordano a lungo, con gratitudine per chi ce lo ha proposto.
Se poi aggiungiamo che a noi è capitato di vederlo proprio in coincidenza con l’8 marzo, potremmo concludere che l’argomento non poteva essere più azzeccato.
La vicenda si svolge a Roma nella primavera del 1946 con Delia, madre di tre figli, che deve quotidianamente subire le violenze di un marito dispotico, Ivano, e l’irriverenza di un suocero. Oltre alle faccende domestiche, Delia si arrangia anche con piccoli lavori di fortuna, tanto da avere un suo gruzzoletto segreto.
La figlia maggiore, Marcella, si fidanza con Giulio, giovane figlio di una famiglia benestante, che gestisce un bar-gelateria. Nella sua spensieratezza giovanile Marcella rimprovera la madre per accettare quanto deve subire dal marito. Surreale poi l’invito a pranzo dei genitori di Giulio.
Persone amiche di Delia sono Marisa, simpatica e positiva, con un banco di verdura al mercato rionale e Nino, una ex-fiamma, che gestisce una autofficina e, per le difficoltà, intende chiudere e andare a lavorare al nord.
Un giorno Delia trova casualmente per terra una foto che risulta essere un ricordo di famiglia di un soldato di colore americano, William, in servizio di polizia a Roma, il quale vedendo tracce della violenza domestica, vorrebbe sdebitarsi aiutandola.
Una notte, su richiesta di Delia, William fa saltare in aria il bar dei genitori di Giulio, mettendo sul lastrico la famiglia che si allontana da Roma. Il fatto è che Delia aveva intuito che l’atteggiamento di Giulio verso Marcella, per quanto pieno di fervore amoroso, era di carattere possessivo e violento, come quello del marito Ivano, e decide quindi di interrompere una relazione che avrebbe portato l’amata figlia a subire e patire quello che lei ha sofferto.
Per tutto il film, magistralmente, gira una misteriosa lettera di cui solo alla fine si riesce a capire la natura.
Tutto fa pensare che il 2 giugno 1946, Delia avesse intenzione di abbandonare la famiglia per andare al nord con Nino. Solo che stranamente Delia si mette in fila per andare a votare al Referendum Costituzionale, e mentre si accorge di aver dimenticato a casa la scheda elettorale (la famosa lettera), è èproprio sua figlia Marcella a riportargliela, permettendole di votare liberamente; all’uscita del seggio riuscirà finalmente ad affrontare con coraggio la prepotenza del marito Ivano che l’aveva inseguita.
Sul piano tecnico il film ha un sapore neo-realista non solo per l’uso del bianco-e-nero ma per l’ambientazione, in cui, chi ha vissuto quei tempi, ha ritrovato con qualche nostalgia uno stile di vita da tempo dimenticato. Gli attori, bravi tutti, ma Paola Cortellesi è un monumento (anche se usa i bit-coin)!

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