Questo 2025 comincia con una notizia molto triste: la morte si può dire improvvisa di Pino Guzzonato, da noi conosciuto e da sempre ammirato come artista dotato di una grande genialità inventiva.
Si è spento inaspettatamente all’ospedale di S. Orso dove era stato ricoverato in seguito ad una caduta nel suo atelier di Acquasaliente, sulle colline del Tretto di Schio, dove l’avevamo incontrato giusto l’estate scorsa.
Siamo tra quelli che, pur a distanza, hanno seguito l’evolversi della sua lunga carriera artistica che si è svolta all’insegna della continua ricerca di nuove forme espressive.
E dovessimo trovare un leit-motive per definire il suo genio ci verrebbe da dire che Pino vedeva un’anima nelle cose della realtà quotidiana che lo circondava. Un sasso colto sul greto del torrente, tracciandovi sopra due segni, diventava un animale, un rospo o una tartaruga ma… semplicemente vivi.
Così gli stracci e i vecchi jeans una volta macerati e lavorati sino a ridurli in poltiglia, diventavano poi lunghi rotoli di carta su cui lui dipingeva i segni misterici delle sue storie, tanto che ti chiedevi se la genialità fosse il materiale o il messaggio che questo veicolava.
Lo ricordiamo ammirati mentre, in tuta da meccanico, copre di pasta di carta la porta della Chiesa della Natività di Thiene, lasciandola seccare per poi ricavarne il calco artisticamente elaborato.
Anche i rapporti umani che intesseva erano all’insegna della più aperta semplicità e cordialità; amava circondarsi di amici, tra i quali negli album-ricordo del rifugio di Acquasaliente abbiamo incontrato Luigi Meneghello, Mario Rigoni Stern, Fernando Bandini, Marco Paolini, giusto per citare i più noti.
Costretto all’isolamento dalla pandemia per il Covid, Pino ha cominciato a lavorare l’argento, creando esseri immaginari, i cosidetti bio-esseri, che ha poi presentato in una mostra a Treviso, alla cui presentazione ha spiegato: «Stiamo vivendo in un periodo di delega estrema: tutto ci viene risolto senza il nostro intervento individuale, in base a criteri apparentemente razionali; ma gli automatismi troppo spesso decidono invece di assistere, con grandi vantaggi, ma non esenti da rischi seri. Il triennio della pandemia, con l’isolamento umano che ha comportato per arrestarne o rallentarne la diffusione, ha prodotto in me una frenesia creativa che non immaginavo di possedere. Ho avvertito un fluire velocissimo di idee come proveniente da un grande magazzino, quasi uno stato di trance nel modellare le cere».
E così, come i veri artisti, anche Pino Guzzonato se ne è andato non senza prima prefigurare per noi il mondo che verrà.