Il centenario del Raid Roma-Tokio

CULTURA

Abbiamo seguito con interesse, ma senza grandi entusiasmi, le celebrazioni del centenario del volo Roma-Tokio compiuto da Arturo Ferrain nel 1920; celebrazioni che, per la pandemia, si sono protratte fino al 2021.
Sono state messe in cantiere molte iniziative, con mostre e quant’altro, che sembrano essere culminate con lo spettacolo delle Frecce Tricolori domenica 17 ottobre all’aeroporto di Thiene.
Sabato 23 ottobre, all’Auditorim ‘Fonato’, organizzato dalla Biblioteca Civica di Thiene, si è svolto un convegno, in un certo senso conclusivo sull’evento del Raid Roma-Tokio, in cui la prof.sa Silvia Zanlorenzi, dell’Università di Padova, Valentina Ferrarin, nipote di Arturo e Satoshi Dobara, vice-presidente dell’Associazione Roma-Tokio Hangar Museum, hanno sviscerato da un punto di vista storico l’impresa del pilota thienese.
Dalle informazioni e dai particolari che sono emersi, partendo dall’ideazione dell’impresa ad opera del vate Gabriele D’Annunzio fino alla difficile ma coraggiosa esecuzione, con il trionfo riservato ai due piloti a Tokio, quella di Arturo Ferrarin è stata davvero una grande impresa umana, prima ancora di divenire storica, da ammirare e da celebrare.
Se pensiamo ai tempi in cui in raid ha avuto luogo i mezzi che allora si avevano a disposizione, con aerei che, come dice Renato Cementi, erano poco più di biciclette volanti, ci voleva un gran coraggio per partire per un volo di oltre 18 mila chilometri verso terre sconosciute; se poi consideriamo che su undici aerei partiti da Roma, a Tokio, con un po’ di fortuna, dice Valentina Ferrarin (ma non solo, diciamo noi), è arrivato solo quello del pilota thienese, col suo meccanico Giovannini, si potrà capire meglio perché, al culmine dei 42 giorni di trionfo il Giappone, il nostro eroe è stato ricevuto dalla coppia imperiale, considerata una divinità, con l’imperatrice che, caso eccezionale, si rivolge in francese ai nostri coraggiosi piloti, cui consegna la massima onorificenza nipponica, cioè la spada del Samurai.
Ricorre un po’ in tutti l’inevitabile parallelo tra il raid Roma-Tokio del 1920 e il viaggio compiuto secoli prima dal veneziano Marco Polo, che aprì la via alla Cina.
Ecco qui forse si potrebbe cogliere la differenza che scema un po’ il nostro entusiasmo; l’impresa di Marco Polo ha avviato rapporti commerciali (la via della seta) e insieme culturali con l’estremo Oriente, mentre non possiamo dimenticare che l’apertura al mondo del Giappone, indipendentemente dalla gloriosa impresa del Ferrarin, nell’epoca fascista fu strumentalmente utilizzata da Mussolini per un patto militare tra Roma, Berlino e Tokio, che ha unito tre dittature in un’ottica di guerra disastrosa.
Quindi grande onore per Arturo Ferrarin, ma poco entusiasmo per le conseguenze che, certamente senza sua colpa, ha avuto la strada aperta dalla sua impresa.

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