Un posto sotto questo cielo

SCAFFALE

Ne hanno tratto un film, che non abbiamo ancora visto, dal titolo “Rapito” del regista Marco Bellocchio, basato sul racconto di Daniele Scalise dal titolo “Sotto questo cielo”, edito da Longanesi nel 2023.
È la vicenda di Edgardo Mortara, un ragazzo di quasi sette anni, figlio di una famiglia ebrea dello Stato pontificio, che a Bologna nel 1858 viene forzatamente sottratto ai genitori Momolo e Marianna perché a sei mesi di età sarebbe stato avventurosamente battezzato da una donna di dubbio equilibrio mentale, naturalmente a loro insaputa e senza il loro consenso.
Secondo la rigida legge cattolica dello Stato Pontificio, Pio IX fa prelevare il ragazzo dalla Santa Inquisizione, rispondendo al presunto sacrosanto dovere di dargli, in quanto comunque battezzato, una educazione cattolica.
Da una parte c’è il dramma dei genitori, per di più ebrei, in particolare la sofferenza della madre, che tentano in tutti i modi di riavere il loro figlio Edgardo, mentre dall’altra sulla vicenda si crea un caso internazionale, con l’intransigente ottusità del Pontefice contro cui si schierano invano non solo gli ebrei, ma tutto il mondo liberale, la cattolica Austria e persino Napoleone III.
Il dramma si ha quando Edgardo, cresciuto ed educato per anni all’interno delle rigide istituzioni cattoliche, ad un certo punto esprime l’intenzione di farsi prete, una scelta naturalmente assecondata dal Pontefice e dal mondo cattolico, ma duramente avversata dalla famiglia, in particolare da un fratello.
Una scelta comunque che lo farà diventare un prete inquieto e disperato, al punto da finire a Liegi, in Belgio, dove dovrà, per la sua cieca intransigenza, essere allontanato dall’insegnamento dei giovani, finendo la sua vita alcune settimane prima dell’invasione tedesca.
Sul piano letterario si potrebbe dire che Daniele Scalise narra con chiara efficacia una vicenda che si gioca sempre sul limite dell’assurdo, del creduto impossibile che purtroppo diventa realtà.
Ma è certo la vicenda umana quella che più colpisce, il contrasto tra l’irriducibile amore dei famigliari ebrei per il bambino loro sottratto, e l’inumana spietatezza di un cattolicesimo interpretato con una intransigenza da persone che fanno delle regole umane una legge divina.
Una vicenda che, calata nei nostri tempi, fa molto pensare, soprattutto perché ancor oggi in nome della religione si arriva ad uccidere.

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