Abbiamo letto con il dovuto interesse l’Enciclica “Fratelli tutti” che Papa Francesco ha significativamente voluto rendere pubblica lo scorso 3 ottobre ‘presso la tomba del Poverello di Assisi’, nell’anno ottavo del suo pontificato.
È una lettura che certamente richiede attenzione, anche perché ci sarebbe da meditare profondamente su ogni singola espressione papale contenuta nelle 261 pagine.
Papa Francesco fa una specie di summa del mondo di oggi, nel particolare atipico momento della pandemia in atto, esaminandone tutti i problemi e tutti gli aspetti, dalla moderna società alla questione ambientale, dalla violenza alla povertà, dall’immigrazione all’accoglienza, dalla guerra alla pace, dalla Chiesa all’incontro con altre confessioni e religioni.
Ognuno di questi aspetti viene esaminato e trattato secondo una visione che, secondo noi, è riconducibile al sottotitolo dell’Enciclica stessa: “Enciclica sulla fraternità e l’amicizia sociale”. Secondo la nostra lettura, sono questi due concetti, fraternità e amicizia sociale, le chiavi di lettura per capire a fondo ciò che anima questa enciclica papale.
Riprendendo l’idea francescana della fratellanza che deriva dal fatto di essere tutti creature di Dio, Papa Francesco propone un rapporto di fraternità sia tra gli uomini che con l’ambiente, al centro del quale non c’è solo il dovuto reciproco rispetto, ma il senso della fraternità, del sentirsi tutti come fratelli, nessuno dei quali può da noi essere escluso o isolato.
Partendo da questo fondamentale concetto di fraternità, papa Francesco propone una società in cui i rapporti tra le persone e l’ambiente sia improntato non solo al reciproco rispetto, e nemmeno alla sola solidarietà umana, ma ad una ‘amicizia sociale’, cioè al sentire verso l’altro non solo un dovere di rispetto ma una generosità d’animo, un trasporto di disponibilità ed accoglienza, riconoscendolo come persona con cui interagire in vista del bene comune.
È la terribile esperienza della pandemia in atto che dovrebbe aiutarci ad acquisire quel sentimento di generosa reciprocità nei rapporti umani e nelle relazioni sociali, cui siamo stati spinti dalla constatazione che “nessuno si salva da solo”, ma che salvando me, salvo anche gli altri.
Papa Francesco ci propone una visione della società basata sul concetto del “Noi”, cioè della interdipendenza dell’Io con gli altri, con tutti gli altri, senza distinzioni e divisioni, insomma una società basata sull’amicizia sociale, dal momento che come figli di Dio siamo tutti fratelli.
È in quest’ottica di amicizia sociale e di fraternità umana che dobbiamo non solo accogliere e aiutare chi si trova nel bisogno ma anche derimere pacificamente e responsabilmente gli eventuali nostri contrasti, senza mai ricorrere alla violenza, alla sopraffazione o alla guerra.
Mai rinunciare alla propria identità culturale e religiosa, dice Papa Francesco ma disponibilità ed apertura al confronto con tutti gli altri, perché ognuno ha qualcosa con cui contribuire al bene comune.
Quanto meschine appaiono, di fronte a questa altezza morale e a questa profonda visione del nostro vivere sociale, le stupide diatribe in atto, che hanno scomodato, oltre al marxismo, al pan-islamismo, anche la teologia della liberazione. Sì, Papa Francesco, dal profondo del suo essere cristiano, non parla solo ai cattolici, ma ai “Fratelli tutti” che condividono la nostra stessa condizione umana.